Dispositivo dell’art. 1102 Codice Civile
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso (3).
Note
L’uso da rispettare è quello attuale. Per esempio, è stata considerata alterazione della originaria destinazione del bene la permanente utilizzazione di un giardino comune come parcheggio.
La nozione di pari uso non va intesa in senso di uso “identico”, tanto che è normalmente ammesso che un condomino faccia un uso più intenso della cosa rispetto agli altri: l’importante è che ciascuno abbia il diritto ad usare potenzialmente della cosa al pari degli altri.
In tale ultima ipotesi gli altri comunisti, se non domandino la rimozione del miglioramento effettuato a loro favore da un singolo comunista, hanno diritto di acquisirla; ciò, ovviamente, sempre che essa sia fruibile e si connoti alla stregua di un’innovazione (art. 1108 del c.c.) della cosa comune. Al comunista autore dell’innovazione compete, dunque, il rimborso delle spese sostenute per migliorare il bene comune.
Ratio Legis
Si tratta di una norma che trova larga applicazione anche in materia di condominio negli edifici (artt. 1117 ss. c.c.).
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Spiegazione dell’Articolo 1102 del Codice Civile
Requisiti dell’uso della cosa comune
L’art. 675 del vecchio codice attribuiva a ciascun partecipante la facoltà di servirsi delle cose comuni con le seguenti limitazioni: a) che egli le impiegasse secondo la loro destinazione fissata dall’uso; b) che egli non se ne servisse contro l’interesse della comunione; c) che egli non impedisse agli altri partecipanti di servirsene secondo il loro diritto.
Quanto al primo requisito, si riteneva che l’uso dovesse essere conforme alla destinazione della cosa, intendendo per destinazione quella naturale, normale, ordinaria, conforme all’essenza della cosa, salvo che le parti concordemente l’avessero destinata ad un uso diverso dall’ordinario, nel qual caso quest’ultima forma di utilizzazione prevaleva sulla prima.
Quanto al secondo, il condomino non poteva col suo uso deteriorare la cosa comune, e per il terzo, infine, l’esercizio del diritto da parte di un condomino non doveva impedire l’esercizio del diritto di condominio da parte di altro condomino.
Non era essenziale, però, per quanto naturale, che l’esercizio del diritto fosse uguale per tutti i condomini, purché non vi fosse danno per gli altri condomini e quindi potessero continuare a servirsi della cosa conformemente alla sua destinazione, secondo il loro diritto.
Il nuovo codice ha ridotto i tre limiti a due: a) divieto di alterare la destinazione della cosa; e b) divieto di impedire agli altri partecipanti di fame parimenti uso, secondo il loro diritto: ed opportunamente, l’uso secondo l’interesse della comunione e, invero, la risultante dell’uso secondo la destinazione della cosa ed in modo da rispettare il diritto dei compartecipi.